Mancavano delle linee guida chiare sul packaging sostenibile o, quantomeno, più sostenibile di quello oggi in uso. Accogliamo quindi con favore quelle elaborate da GS1 US Apparel and General Merchandise Initiative, perché offrono delle indicazioni interessanti per il settore moda e abbigliamento, specie in questi tempi di ricorso crescente agli acquisti online.

GS1 US è un gruppo di lavoro che riunisce produttori, fornitori, rivenditori, ma anche solution provider e associazioni di categoria allo scopo di fare squadra per identificare le sfide proposte dal mercato e sviluppare soluzioni e piani d’azione coerenti. Best Practice Guideline for Sustainability in Packaging Materials s’inserisce in questo solco, un vademecum per guidare le aziende nella scelta del packaging più virtuoso e cioè capace di assolvere le funzioni per cui serve impattando il meno possibile sull’ambiente.

 

IL COMMENTO DEGLI ESPERTI

L’azienda che affronta un percorso di trasformazione del suo modello di business in senso sostenibile – spiega Francesca Rulli, CEO e Founder di Process Factory/4sustainability®si sofferma in genere sugli aspetti centrali della produzione: materie prime, chimica, impatto ambientale dei processi, circolarità, impianti… Il packaging viene troppo spesso trascurato, quando ha invece un peso importante nella costruzione di un approccio a minore impatto. È evidente che alcuni cambiamenti sono di più facile attuazione, mentre altri, relativi per esempio all’uso delle buste in plastica, richiedono investimenti rilevanti anche in termini d’innovazione. Ecco perché una linea guida può essere d’aiuto, soprattutto se la si considera uno strumento in divenire ampliabile e migliorabile grazie alle esperienze di chi, sul packaging sostenibile, è già un passo avanti”.

 

GLI OBIETTIVI DELLE LINEE GUIDA

  • presentare le azioni che è possibile intraprendere per ridurre i consumi di risorse impiegate nel packaging ma anche nella logistica dei prodotti (dal fornitore al brand/retailer, dal retailer al consumatore, ecc.)
  • suggerire idee e soluzioni per limitare la produzione di rifiuti, in particolare quelli di plastica
  • allineare le attività di brand e retailer agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (UN SDGs)
  • incentivare il ricorso a spedizioni che garantiscano la sicurezza del prodotto minimizzando al contempo il packaging non riciclabile
  • introdurre forme alternative al packaging convenzionale

 

SU COSA INTERVENIRE?

POLYBAG

Tra i tanti spunti offerti dal documento, le considerazioni sulle polybag risultano interessanti anche per il consumatore. Le polybag, per capirci, sono le buste in plastica trasparente – in LDPE (Low Density Polyethylene), per essere più precisi – utilizzate comunemente per movimentare i prodotti dalla fabbrica ai centri di distribuzione, ai negozi, fino a casa nostra. “Comunemente” perché creano una specie di effetto-cuscinetto che protegge molto bene il prodotto. Cosa fare per limitarne l’impatto?

La strada maestra è la ricerca di materiali alternativi al citato LDPE che ne mantengano però le caratteristiche di trasparenza e garantiscano soprattutto la protezione del prodotto da polveri, sporco, sfregamento…

Un’altra possibilità è il riciclo delle polybag, che oggi, tuttavia, non è possibile in diversi Paesi. C’è poi la complicazione rappresentata da etichette, adesivi e altre componenti aggiuntive per la chiusura della busta, ad esempio, che possono condizionare e non poco la riciclabilità.

Dove si può sicuramente intervenire è sul formato e sullo spessore della plastica, che dovrebbero essere commisurati alle dimensioni e alle caratteristiche del capo. Quante volte, invece, ci ritroviamo a maneggiare articoli che navigano in buste enormi e più consistenti del necessario? Ecco, stare attenti a questi “dettagli” significherebbe ridurre moltissimo i rifiuti di plastica, come sempre succede quando una piccola buona pratica è moltiplicata per i grandi numeri.

TECNICHE DI PIEGATURA

Un aspetto spesso trascurato che, invece, può essere un’alternativa interessante alle polybag e ad altri tipi di packaging sono le tecniche di piegatura. Un esempio sostenibile è la tecnica del roll and tie, che consiste nell’avvolgere il prodotto su se stesso legandolo con un nastro, uno spago, ecc: non è applicabile ai capi più delicati, ma in tanti casi garantisce un livello di protezione più che sufficiente.

In generale, basterebbe guardare uno dei tanti tutorial in rete che insegnano come piegare i vestiti per ottimizzare lo spazio in valigia: i modi sono tanti e tutti utili a ridimensionare l’ingombro del capo e, quindi, anche dell’involto necessario a contenerlo.

SCATOLE IN CARTONE

Anche in questo caso, è buona prassi verificare che il formato, lo spessore e la grammatura siano quelli minimi necessari alle esigenze di contenimento e protezione del prodotto.

Il design della scatola ha pure la sua importanza: il modello One Panel Folder (OPF), per esempio, utilizza meno materiale rispetto al Regular Slotted Container (RSC) ed è dunque preferibile. Così come è preferibile, in tanti casi, optare per modelli dotati di rivestimento interno: offrendo già una discreta protezione dall’esterno, permetteranno di evitare l’imbustamento del prodotto in polybag singole.

Quanto alle componenti aggiuntive come graffette, etichette e nastri adesivi… vale la stessa considerazione già fatta per le buste in plastica: evitarle, laddove possibile, semplifica la possibilità di riciclare le scatole.  Perché il riciclo, per l’appunto, è una delle pratiche più virtuose, si parli di cartone, di plastica e di qualsiasi altro elemento/materiale impiegato nel packaging.