Resi noti i dati delle performance di sostenibilità raggiunti da 100 aziende delle filiera italiana del fashion & luxury che hanno aderito alla roadmap 4sustainability. L’occasione? L’appuntamento annuale con l’Evento 4sustainability dedicato al confronto e alla collaborazione fra stakeholder.

Nel mondo della moda, la sostenibilità non è più un auspicio, ma un preciso requisito che ormai viene richiesto tanto dai grandi brand quanto dai consumatori. Le aziende della filiera italiana si stanno mostrando pronte a questa transizione? Le possibili risposte a questa domanda sono state discusse il 2 dicembre 2021 nel corso dell’Evento Annuale 4sustainability dal titolo Numeri primi: il Rinascimento sostenibile della filiera moda. Giunto alla sua nona edizione, l’Evento si sviluppa in due atti: dopo il primo in formato digitale dedicato ai dati, ne seguirà un secondo in presenza a Firenze a giugno 2022, in occasione di Pitti.

I dati emersi dall’indagine

Il sistema 4sustainability si fonda sulla realizzazione di progetti concreti, i cui esiti sono monitorati nel tempo attraverso la verifica di KPI qualitativi e quantitativi. Per la prima volta, Process Factory ha reso noti i risultati di un campione di 100 aziende che hanno aderito alla roadmap 4sustainability e che è composto come segue.

  • 70% filiera materie prime e semilavorati
  • 20% lavorazioni con chimica interna
  • 6% capi e prodotti finiti
  • 3% accessori e componenti
  • 1% lavorazioni senza chimica interna

Il 68% ha processi di lavorazione interni. A livello di fatturato, il 46% del campione si colloca entro i 9 milioni di euro annui, il 40% entro i 49 milioni, il 13% tra i 50 e 249 milioni. Appena l’1% supera i 250 milioni di euro all’anno. Il campione rappresenta i diversi attori e i diversi distretti in cui 4sustainability è più adottato.

Come considerazione generale, le aziende ottengono risultati migliori quando sono guidate da una chiara strategia (Commitment, Politica, Reporting, ecc.) e quando ci sono delle specifiche figure dedicate alla sostenibilità (es. Chemical Manager o Sustainability Manager). Meglio ancora se dispongono di un budget. “Questo conferma che in questo percorso sono fondamentali il volere dall’alto, l’esempio, la leadership innovativa”, afferma Francesca Rulli, CEO di Process Factory e ideatrice di 4sustainability.

Gli esiti della ricerca evidenziano un buon livello di conoscenza da parte della filiera delle 6 tematiche di trasformazione, derivanti dai 6 pillars del framework 4sustainability.

  • Trace: tracciabilità dei processi e monitoraggio della filiera. Su questo tema la filiera lavora da tempo perché è la base per altre attività: ne sono la prova i punteggi alti o medio-alti raggiunti da oltre il 65% del campione.
  • Materials: conversione all’uso di materiali a minore impatto per una produzione sostenibile. Si tratta di una dimensione fortemente richiesta ma ancora poco integrata in una strategia.
  • Chem: eliminazione delle sostanze chimiche tossiche e nocive dai cicli produttivi. Il 76% delle aziende del campione ha già avviato un percorso per l’eliminazione delle sostanze chimiche tossiche e nocive in produzione, raggiungendo per il 79% il livello advanced. “Il dato dimostra che le aziende hanno bisogno di un supporto strutturato e deciso e di strumenti ad hoc: questo permette loro di essere più efficienti nella trasformazione e ridurre più velocemente il loro impatto, fornendo quelle garanzie che sono sempre più richieste dai brand”, precisa Francesca Rulli.
  • People: crescita del benessere organizzativo. Da anni la filiera si preoccupa della social compliance, come dimostrano le buone performance ottenute, ma sul fronte del benessere organizzativo ci sono ancora ampi margini di miglioramento.
  • Planet: uso consapevole delle risorse per la riduzione dell’impatto ambientale. “Il 56% delle aziende si deve accontentare di un rating più basso, soprattutto perché non dispone di sistemi di raccolta e analisi dei dati. Capita ancora spesso che si intraprendano iniziative senza però misurarne i risultati”, spiega Rulli.
  • Cycle: sviluppo delle pratiche di riuso, riciclo e design sostenibile. Qui i punteggi sono ancora medi o medio-bassi, a testimonianza di un percorso ancora in fase di attuazione.

Bene, ma si può fare di più

Nella lettura dei risultati bisogna tenere conto del fatto che il campione interpellato è già più sensibile della media, perché ha realizzato almeno un pillar del framework 4sustainability. Questo suggerisce che il mercato, in generale, abbia ancora molto da fare. “Il percorso verso la sostenibilità si potrà realizzare in modo efficace soltanto se i brand struttureranno richieste armonizzate e le monitoreranno concretamente, premiando i fornitori capaci di assicurare davvero una produzione sostenibile e permettendo loro di continuare a investire in questa direzione. È una partita che si vince solo con il contributo reale e bilanciato dalle due parti; in caso contrario, le realtà della filiera rischiano di doversi sobbarcare da sole un percorso molto impegnativo”, commenta Rulli. “D’altra parte, non esiste azienda o brand sostenibile senza una filiera produttiva che è anch’essa sostenibile”.

Alcuni spunti emersi dal panel discussion

Durante l’evento del 2 dicembre, si sono confrontati prestigiosi ospiti internazionali: Elisa Gavazza (Southern Europe Director ZDHC), La Rhea Pepper (CEO and Co-founder Textile Exchange), Payal Luthra (Global Apparel& Textile Lead WWF), Hakan Karaosman (Social Scientist University College Dublin), Maria Teresa Pisani (Economic Affairs Officer UNECE) e Andrea Crespi (Vicepresidente Sistema Moda Italia), moderati da Matteo Ward (CEO and Co-founder Wrad). Fra i numerosi spunti emersi, tre sembrano aver messo tutti d’accordo:

  • La sostenibilità non è una questione di prezzo ma di valore ed è sul valore – dei prodotti e dei processi a monte – che bisogna concentrarsi
  • La sostenibilità richiede un cambiamento di mindset che deve necessariamente coinvolgere il consumatore: educare il consumatore è responsabilità del brand
  • La collaborazione è una sfida che chiama in causa chi progetta e vende (il brand), chi produce (filiera) e chi compra e utilizza (consumatore).

“Quello appena trascorso è stato un anno importante, il cui il framework 4sustainability è stato testato su 100 aziende della filiera (quelle del campione della nostra ricerca) e applicato da un numero che già oggi si avvicina al doppio. Ora che abbiamo validato il sistema anche con la costituzione di un Advisory Board per il suo sviluppo, la sfida è renderlo disponibile su vasta scala a quante più realtà possibili del mondo produttivo. Una tecnologia altamente performante per la digitalizzazione del framework risponderà a questo scopo”, conclude Francesca Rulli. “E i consumatori? L’ambizione è rivolgerci con sempre maggiore impegno anche a loro, cosa che nel mio piccolo ho cercato di fare con un libro in uscita a gennaio in libreria e nei principali bookstore online dal titolo Fashionisti consapevoli. Vademecum della moda sostenibile, edito da Flaccovio Editore.